Gite scolastiche:  150 anni dalla Battaglia di Novara  

Il 20 marzo 2007, i ragazzi di terza e di seconda media, sono stati invitati al teatro scolastico di Momo per partecipare ad una rievocazione della battaglia di Novara, evento storico importante delle guerre d’indipendenza che ha coinvolto le nostre zone il 23 marzo del 1849.
La mattinata è stata suddivisa in tre momenti fondamentali:
Il film: la voce narrante del film è un prete, tale Don Monvalenti, che visse in prima persona la paura della battaglia riportando le sensazioni di quei momenti difficili sul proprio diario. Il prete, all’inizio del film intitolato “La Vittoria dei Vinti”, parla ad un tavolo dell’Hotel Svizzero di Novara, luogo di ritrovo per ufficiali dell’esercito e politici. Discute della guerra, dei problemi di cui si dibatte nel Parlamento a Torino, riunioni a cui lui stesso ha assistito.
Gli amici con cui il prete sta bevendo un bicchiere di vino sono un politico e un soldato che hanno delle opinioni diverse. I tre iniziano a discutere delle sorti della guerra e dei problemi che si andrebbero ad incontrare unendo sotto un unico regno le diverse regioni.
Il politico, che credeva fortemente nell’Unità d’Italia, fece brindare la sala, gremita di persone alla vittoria dell’imminente battaglia contro gli austriaci che si sarebbe svolta il giorno seguente…
In quello stesso momento, in un’altra zona della sala, Arturo e Erminia, i due innamorati di questa storia, stanno parlando dei loro progetti imminenti. Lei è molto spaventata, poiché lui è un ufficiale piemontese e dovrà seguire la battaglia.
L’esercito piemontese, ricevendo tanti ordini diversi, non si spinse oltre il Ticino e subì una sconfitta portentosa. Fu una disfatta che segnò profondamente gli animi e le sorti della guerra.

L’inquadramento storico: dopo la visione del film, sono state mostrate delle foto della Novara risorgimentale con le quali si è potuta capire la situazione economica di allora, ma non solo. Infatti Carlo Alberto durante il suo regno aveva deciso di dare una svolta importante all’economia del paese sollecitando la costruzione delle prime industrie, soprattutto tessili. Inoltre aveva anche deciso di togliere i dazi che fino ad allora gravavano sulle merci in entrata, e che avevano suscitato malumori soprattutto nei ceti più bassi. 
Per Carlo Alberto la battaglia di Novara fu ulteriormente catastrofica perché fu costretto ad abdicare in favore del figlio Vittorio Emanuele II. Il principe si trovava allora a Momo nell’accampamento predisposto per la guerra in cui alloggiavano circa 25mila soldati. Dalla relazione con l’esperto abbiamo potuto capire meglio il significato del titolo del film. Infatti quella fu veramente “la Vittoria dei Vinti” in quanto gli sconfitti capirono che per poter vincere in futuro contro i rivali austriaci avrebbero dovuto organizzare lo Stato in maniera adeguata e avrebbero avuto bisogno di un potente alleato europeo. L’uomo giusto per soddisfare queste esigenze si rivelò essere Camillo Benso, conte di Cavour. Egli, dieci anni più tardi, riuscì furbescamente ad entrare nel tavolo delle trattative delle grandi potenze di allora in seguito alla battaglia di Crimea, a cui i Savoia avevano partecipato alleandosi alla Francia e inviando un contingente militare. Tale strategia bellica permise di esporre la situazione italiana e di trovare un accordo con la Francia. Tale accordo prevedeva che in caso gli austriaci avessero attaccato l’Italia i francesi sarebbero accorsi in aiuto dello stato sabaudo. Cavour fece di tutto per provocare gli austriaci, che alla fine dichiararono guerra . Conseguentemente la Francia accorse in aiuto dello stato sabaudo con il quale riuscì a battere gli austriaci.

Soldati esercito piemontese

I soldati: dopo aver appreso informazioni interessanti dall’inquadramento storico, siamo stati accompagnati nel cortile dove quattro soldati (comparse) in uniforme erano pronti per una dimostrazione sull’uso delle armi di allora. Le classi si sono divise e si sono recate ognuna verso un soldato vestito con gli abiti del periodo e armato di tutto punto. Dopo aver osservato l’abbigliamento di un soldato semplice (una giubba blu con profili rossi, chiusa da bottoni di rame), l’uomo ci ha mostrato gli strumenti necessari per la sopravvivenza in guerra: una borraccia (che però non veniva data dall’esercito e che i soldati dovevano quindi costruire o comprare) un bicchiere di latta, un tasca pane (utilizzato in battaglia quando le cucine rimanevano indietro nella marcia), una sacca dove deporre le munizioni ed una tracolla di cuoio dove veniva riposta la polvere da sparo.
Oltre al materiale di sopravvivenza, l’esercito metteva in dotazione al soldato, anche delle cartucce, un fucile ed una baionetta da innestare al fucile e da usare nel corpo a corpo.
Le cartucce erano delle piccole buste di carta molto simili a quelle dello zucchero e che contenevano polvere da sparo nera e la pallottola; alla bisogna, le cartucce venivano rotte per inserire la polvere nella canna del fucile e spinte più in fondo la canna dell’arma tramite una stecca di ferro. A questo punto veniva incastrato nella serpentina del fucile un tappino di rame bagnato nel mercurio che dava fuoco alla polvere e provocava lo sparo.
I fucili che venivano dati in dotazione all’esercito piemontese potevano essere di diverso tipo. Innanzitutto si chiamava moschetto e ne esistevano di due tipi fondamentali: quello da terra e quello da mare (quest’ultimo poteva essere usato anche sulla terra). Tra quelli di terra, inoltre, si distinguevano quelli ad anima liscia (la parte interna della canna del fucile), il cui proiettile poteva arrivare fino a 70-80 metri in linea retta, e ad anima rigata, il cui proiettile poteva raggiungere i cinquecento metri.
La baionetta, invece, era una specie di pugnale dall’impugnatura per essere agganciata sull’estremità del fucile. Una volta innestata, la baionetta veniva utilizzata nelle cariche della fanteria oppure nella disposizione a cerchio durante le cariche della cavalleria (quest’arma era utilizzata principalmente in questi casi in quanto, i cavalli, una volta raggiunti i fanti e aver visto le baionette, si imbizzarrivano e disarcionavano il cavaliere). Nel caso dei bersaglieri, il fucile era più corto dal momento che questi ultimi combattevano correndo ed avevano bisogno di una maggior scioltezza nei movimenti; per compensare ciò, le baionette erano molto più lunghe di quelle normali ed assumevano la forma di una sciabola (da qui la baionetta-sciabola).
I soldati, a quell’epoca, erano muniti di copricapo particolari per distinguere le varie fazioni. I bersaglieri portavano il tipico copricapo largo ricoperto di piume di gallo cedrone, avevano sullo stemma due fucili che si incontravano all’interno di un cerchio. I soldati semplici, invece, avevano un cappello di forma cilindrica che riportava il numero della compagnia a cui appartenevano.



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Pubblicato da Redazione - sabato 31 marzo 2007 - 15:23:26
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